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Da Moggi a Della Valle, ultime ma forse non ultime da Calciopoli

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Adesso che la Corte di Cassazione ha reso note le motivazioni di quella che si può considerare la sentenza definitiva su Calciopoli per quanto riguarda la giustizia ordinaria, a meno che nella notte non sia stato inventato un quarto grado di giudizio (secondo i garantisti alla vaccinara la serie A avrebbe dovuto stare ferma nove anni…), è sempre più evidente come Luciano Moggi sia stato il capro espiatorio perfetto di un sistema marcio che aveva vittime e carnefici, ma certo non un solo carnefice. Perché Moggi e tutte le persone a lui collegate, a partire dall’amministratore delegato della Juventus Antonio Giraudo, tiravano i fili di un sistema di cui non beneficiava soltanto la Juventus (anzi, in qualche occasione i bianconeri furono danneggiati dal ruolo di garante ‘totale’ di Moggi, come negli anni degli scudetti delle romane), ma anche i club dei tanti condannati misteriosamente spariti da tanti pur circostanziati resoconti. Dalla Lazio del fu ‘moralizzatore’ Lotito alla Fiorentina dei canossiani Della Valle, ce n’è un po’ per tutti. Senza dimenticare le sentenze sportive definitive, con tanto di condanna di Galliani.

Non vogliamo tornare su argomenti trattati mille volte anche dal Guerino, ma sottolineare alcuni passaggi meritevoli di uno sviluppo. Il primo: Moggi “Ideatore di un sistema illecito di condizionamento delle gare del campionato 2004-2005 (e non solo di esse)”. Ah, quindi il famoso sistema non era iniziato il primo luglio 2004 e finito il 30 giugno 2005… Il secondo: Moggi secondo la Cassazione è responsabile dell’associazione per delinquere e della frode sportiva sia in favore della Juventus che in favore suo, per interessi personali e di accrescimento del proprio potere sul calcio italiano nel suo complesso. Non è un segreto, lo stesso Moggi lo ha ammesso quasi vantandosene, che per diversi anni sia stato il direttore sportivo ombra della Nazionale (in altra sede sarà divertente incrociare convocazioni e procuratori). Il terzo passaggio riguarda il condizionamento, quando non addirittura il controllo, di giornalisti e trasmissioni televisive: tutte cose risapute, ma un conto è dirlo noi al bar e un altro è leggerlo in una sentenza. Il quarto riguarda il danno creato da questo sistema al mondo del calcio italiano, con conseguenti pesanti danni economici: sembra quasi scritto apposta per mettere Tavecchio in una posizione di forza nelle vicenda ormai grottesca dei danni (444 milioni di euro) chiesti da Andrea Agnelli, con arroganza degna di altri tempi ma forse anche di questi.

Considerazione doverosa, uscendo da discorsi penali: Calciopoli intesa come inchiesta ha avuto pregi e difetti, ma di sicuro ha alzato l’asticella dell’impunità sportiva. Da un calcio in cui si retrocedeva soltanto per una telefonata allusiva ad un proprio ex giocatore (il Verona di Garonzi, nel 1974) si era passati ad uno in cui per essere puniti sul serio bisognava scommettere sui propri risultati (Milan e Lazio 1980) ed infine ad uno dove per non subire un danno dovevi governare o almeno stare con chi governava un sistema onnipresente. Nel 2015 il Catania di Pulvirenti ci ha fatto entrare in una nuova dimensione: puoi letteralmente comprare cinque partite per evitare la retrocessione, confessando soltanto una volta scoperto, finendo nella categoria in cui saresti finito comunque con una penalizzazione che non pregiudica la sopravvivenza.

Ecco, se questo è il benchmark quasi tutte le sentenze sportive di Calciopoli sono ingiuste perché lì di partita non è stata tecnicamente comprata alcuna: in questo senso la linea difensiva iniziale di Moggi non era sbagliata. Come non è affatto sbagliata (e infatti nei giorni scorsi è arrivata l’assoluzione nel processo per diffamazione ai danni di Facchetti) la sua critica a comportamenti di società come l’Inter che invece di far scoppiare un pandemonio mediatico o di cambiare il sistema dall’interno con altre società pulite (tipo Roma o Fiorentina prima di Canossa) non hanno trovato di meglio che fare telefonate ai disegnatori replicando così goffamente parte del sistema moggiano.

Questo non toglie che al di fuori di condanne e condannati centinaia di persone debbano vergognarsi di avere fatto parte, magari marginalmente di questo sistema, o di averne frequentato molti protagonisti: dall’attuale sottosegretario all’economia Cosimo Maria Ferri all’ultimo dei giornalisti che anelava ad un invito al Processo di Biscardi il quadro che emerge è quello di un ambiente dove conoscere le persone giuste superava qualsiasi merito acquisito sul campo. Il calcio post-Calciopoli è forse più pulito, sinceramente crediamo di più a questi anni che a quelli della nostra giovinezza, ma ha in gran parte gli stessi protagonisti di quello sporco. Impuniti, ma più spesso dimenticati perché domani si gioca.

Twitter @StefanoOlivari


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